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Scozzarella, finisce qui: un pezzo di storia recente saluta

Ha messo lo zampino in ogni categoria, dalla Lega Pro in avanti. Si è imposto tatticamente, ha pagato gli stop fisici

C’è sempre stato un Parma con e un Parma senza Matteo Scozzarella. Un giocatore la cui presenza si avverte di più quando non c’è. Proporzionale alla sua assenza, diciamo così. Lo strano paradosso di Matteo da Trieste è bizzarro. Dalla rinascita fino ad oggi, è sempre stato un simbolo della scalata del Parma, dimostrando egli stesso che di scalate nella vita se ne possono fare, anche se non sei un gigante e fai correre il pensiero, prima ancora che le gambe. Nel calcio dei Golia, avevamo scritto una volta, c’è spazio anche per qualche Davide. E Scozza al Parma dei tempi moderni è stato un po’ il Davide dei giorni nostri. Uno che – quando ha potuto – ha sempre fatto viaggiare rapidamente il pensiero, anteponendolo alla forza, su frequenze diverse rispetto a quelle dei compagni. Ma si sa, il calcio lascia pochissimo margine ai sentimentalismi, non è certo terreno fertile per gratitudine o emozioni del genere.

Il calcio è fatto di cicli, che si aprono e si chiudono come porte. Quella del Parma si è chiusa, per un ragazzo per bene come Scozzarella, che fa dell’intelletto la sua dote calcistica di spicco, unita al calcio preciso e pulito, morbido o teso a seconda delle circostanze come una fionda, la stessa con la quale Davide (quello vero) ha messo ko Golia. Una fionda che ha colpito parecchi obiettivi, centrandoli tutti. Decisivo in Lega Pro, anche se per mezza stagione, l’altra mezza l’aveva passata a tirare per i capelli il Trapani orfano di Daniele Faggiano, il direttore sportivo che ha avuto il guizzo di portarlo a Parma. Arrivato in sordina, ha accettato di scendere di categoria, ha sempre pensato che questo fosse un treno di quelli che non passano tutti i giorni.

Decisivo da sempre negli schemi di D’Aversa, con il quale ha avuto un feeling particolare, sparito un po’ per guai fisici (che l’hanno sempre tormentato) e un po’ per scelte tecniche nella gestione Liverani, ha messo il piede in tutte le categorie dalla Lega Pro in avanti. Quando al 39’ del primo tempo dello storico play off con il Pordenone (giugno ’17) la caviglia cigola, si teme il peggio per il Parma che perde fosforo e geometrie in mezzo al campo. La partita va in porto, il calcio ha regalato a Scozzarella la possibilità di scrivere la storia con il Parma, un pezzetto – diciamo così -. E si è ripreso tutto con gli interessi nella gara con l’Alessandria, qualche ora dopo lo spavento. 17 presenze in campionato e 4 nei play off segnano il suo andamento deciso, che si ripete l’anno dopo, quando anche in Serie B capisce che può fare la differenza. In 24 presenze, scrive il suo nome accanto a quello dei vincitori eterni del Parma: l’impresa è storica, mai nessuno come il club crociato ha messo il timbro su una risalita rapida che è passata dai gangli della Serie D all’empireo della Serie A.

E Scozzarella c’era. E c’è stato anche quando c’era da blindare una salvezza, la prima, miracolosa. Suo l’arcobaleno toccato da chissà chi, spinto in porta chissà da quale forza, la stessa che probabilmente ha guidato quella fionda storica, rimasta a metro di paragone perenne. Il Davide che si è scagliato contro i giganti della A, 22 volte (tante le presenze, 16 nella stagione successiva), che ha messo il timbro sulla gara con la Fiorentina. Rilanciando il Parma, che con lui in campo è parso quasi sempre più pimpante: manovra efficiente, lettura delle situazioni, schermo a protezione della difesa e intelligenza. A servizio della squadra. Uno dei senatori che si è affermato a colpi di buone maniere. La famiglia e il calcio, sempre in testa, dai tempi dell’Atalanta, dai tempi di Mino Favini che ne ha scoperti tanti. E ha tirato su pure lui. C’è sempre stato un Parma con e senza Scozzarella. Era il Parma che ha riscritto la storia, nella quale per Matteo ci sarà sempre un posto.

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