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Nuovo Parma, vecchi limiti

Squadra immatura, non sa gestire i momenti negativi e quando va in svantaggio non trova mai la chiave per rimontare

E’ difficile sostenere che l’effetto Pecchia sia già svanito, è sicuramente più facile constatare che rispetto allo scorso anno il suo Parma ha solamente tre punti in più (26) rispetto ai 23 di una stagione condotta all’insegna dei buoni propositi culminati in un cumulo di macerie. Dopo diciotto giornate, nel 2021/22, il conto l’aveva già pagato Enzo Maresca, sollevato dall’incarico dopo un pari interno contro il Cosenza alla 13esima che – a detta della società – non trasmetteva più sicurezza alla squadra. Stagioni diverse, certo, ma partite terribilmente simili almeno per come finiscono. Oggi di quel Parma è rimasto molto, ma l’illusione che Pecchia fosse riuscito a cambiare marcia alla guida di una squadra che ha chiuso lo scorso campionato al 12esimo posto sembra essere già sfumata. E’ scritto nei numeri di un gruppo che fa e disfa la tela giornata dopo giornata. Su questa altalena di risultati, che serve a poco se non ad aumentare i rimpianti del patron Krause, ci è salito pure l’ex tecnico della Cremonese senza divertirsi. La sua squadra ha già perso una partita in più rispetto a quante il Parma ne ha perse nella stagione passata. Sei, di cui quattro al Tardini. Tre consecutive davanti a quel pubblico che era riuscito a riavvicinare grazie a risultati positivi e a una diversa mentalità, gonfiata da una buona dose di ottimismo sparso qua e la a inizio stagione, confermato soprattutto nelle prime uscite, dove l’entusiasmo portato dal cambio di guida tecnica era riuscito a mascherare effettivamente evidenti limiti di costruzione e valutazioni in sede di mercato. Per ora i numeri stanno ancora dalla parte di Pecchia, ma il passo che mantiene la squadra fa pensare al fatto che diverse cose sono da migliorare. Mancano alternative e uomini capaci di invertire la rotta, oltre all’esperienza di domare l’evento negativo di un gol subito e correggere il tiro.

L’allenatore ha sì abbellito il trend ma si è trovato di fronte alle difficoltà croniche di una squadra che, nelle ultime tre partite in casa ha segnato solo un gol (su rigore) subendone quattro. L’ultima rete di un attaccante al Tardini risale al sinistro di Benek nella gara contro il Cittadella del 12 di novembre. L’attacco non punge ed è un problema cronico: con Pecchia i gol segnati sono 23, giusto due in più dell’anno scorso. E se si arriva a creare tanto senza segnare, significa che mancano uomini capaci di buttarla dentro. Se pure la modesta Spal (che ha accettato di vivere una partita di sofferenza) ha violato il Tardini, l’esperienza catartica in cui è piombato il club ormai da tre anni si fa più pesante e difficile da decifrare. Nulla è perduto chiaramente, di tempo per aggiustare la situazione ce n’è abbastanza. Ma la classifica cortissima, che racchiude sei squadre in quattro punti, impone riflessioni.Il problema è quando non si vince – ha detto Pecchia in conferenza stampa dopo la gara con la Spal -. La squadra ha dominato, ha messo l’avversario nella propria area di rigore. Raccogliamo poco per quanto produciamo. Perché? Devo guardare le cose dalla mia prospettiva, dal mio punto di vista. Ai ragazzi chiedo di lavorare“. Lodevole il tentativo di proteggere la squadra da parte dell’allenatore che esclude ‘la sindrome del Tardini’: “Adesso c’è la partita a Venezia – ha spiegato Pecchia – all’inizio avevo sentito anche io questa storia ma dobbiamo capire che siamo davanti ai nostri tifosi. L’affronteremo nell’anno nuovo, se ci sarà da affrontarla. In questo momento l’aspetto mentale diventerà ancora più determinante. La squadra deve avere l’energia di portare a casa il risultato anche quando va sotto. Sull’aspetto psicologico dovremo lavorare“. Non è bastato il 59,4% di possesso palla con conseguente vantaggio territoriale del 74% e neanche i 5 tiri nello specchio della porta contro i 3 della Spal. Se la testa non gira, le gambe la imitano e il pallone inevitabilmente diventa più pesante. Anche per gente come Vazquez, abituato a calcare palcoscenici molto più impegnativi rispetto alla Serie B, sembra essere svanito l’effetto Pecchia.

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