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Pecchia: “Con i giovani bisogna avere pazienza”

L’allenatore del Parma: “La scelta a Cremona era condivisa con il Club con giovani che non erano di proprietà”

Al Festival dello Sport, a Trento, dopo Gigi Buffon e tante altre storie di Parma (da Arrigo Sacchi a Lorenzo Minotti, da Giulia Ghiretti ad Alessia Cappelletti, portiere della Prima Squadra Femminile che sarà di scena sabato 24 settembre), oggi è stato il giorno dell’allenatore Fabio Pecchia, invitato dalla Gazzetta dello Sport (organizzatore di un evento impeccabile e ricco di contenuti) insieme al Presidente della Lega B, Mauro Balata, e all’allenatore del Brescia Calcio, Pep Clotet.

Un forum, presentato dal giornalista de La Gazzetta dello Sport, che ha visto al centro dell’argomento la Serie B, le sue storie e il futuro di un campionato sempre più sotto i riflettori e dell’attenzione del pubblico.

Fabio Pecchia ha parlato della sua esperienza in questo campionato, ha toccato tanti temi, ha scherzato insieme a Clotet, scambiandosi reciproci apprezzamenti di stima, e ha applaudito l’annuncio del Presidente Balata che ha anticipato la nuova iniziativa solidale in favore della Regione Marche che la Lega B ha lanciato proprio quest’oggi.

Le dichiarazioni dell’allenatore crociato Fabio Pecchia, durate il forum Serie B organizzato al Festival dello Sport di Trento. “Un campionato che è bello per chi lo vede da fuori, per chi c’è dentro, è imprevedibile e rende tutto molto più complicato. L’ambizione personale non è quella di voler vivere in Serie B, ma di competere e allenare in Serie A. I giovani? A prescindere dalla categoria, devono giocare, soprattutto se sono forti. La scelta a Cremona era condivisa con il Club con giovani che non erano di proprietà. Con il lavoro sui giovani bisogna avere pazienza, qualcuno lo definisce coraggio, per me invece va creato un metodo per un ambiente giusto dove i giovani possano esprimersi.

Dal mio punto di vista personale è gratificante lavorare con i giovani, per permettergli di esprimere il loro potenziale. Questo concetto non deve appartenere solo alla Serie B ma bisogna avere più coraggio anche in Serie A. Perché quello che succede fuori dai confini italiani è totalmente diverso. Le mie esperienze internazionali io le definisco come una proficua contaminazione, il calcio rappresenta la cultura. Vale sia per il calcio in Spagna o per il calcio in Giappone. Ciò che lo rende diverso sono i dettagli delle strutture e dei campi in cui si gioca, questo serve per rendere ancora più appetibile il prodotto da esportare”.

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