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Colombi… vola: da secondo a protagonista

Arrivato in estate attraverso una trattativa lampo, il portiere crociato si sta mettendo in mostra. Sepe può guarire in tutta calma

La storia di Simone Colombi è una di quelle che rimane incagliata tra le righe del calcio. A 28 anni la Serie A l’aveva sfiorata con la maglia del Cagliari (3 volte), Palermo e Carpi (1 volta ciascuno) senza lasciarvi traccia del suo passaggio. Reinventarsi, per un secondo portiere, trovarsi pronto e ritrovarsi tra i grandi dopo 75 partite consecutive in Serie B non deve essere una roba semplice. Non deve esserlo neanche se davanti hai un portiere come Sepe che ha spesso vissuto all’ombra di numeri uno più blasonati e che da un paio di stagioni sta lottando per affermarsi.

Va detto che il guaio muscolare che ha subito Gigi ha spinto Colombi a … volare tra i pali del Parma, ma va anche detto che si è meritato le luci della ribalta con le quali ha – per ora – abbagliato Radu tenendolo distante. La storia di Simone Colombi è piena di altre storie: quella di un ragazzo figlio di Zingonia, arrivato all’Atalanta da … attaccante. Un destino che si è capovolto in meno di un paio di ore, in un pomeriggio che sembrava essere come un altro, condito da un’uscita che si pensava fosse decisiva per indirizzare la sua carriera. Colombi in realtà si è sempre sentito un portiere, sin dai tempi dell’oratorio di Zandobbio, nel bergamasco. Il pallone e l’Atalanta erano le aspirazioni massime per un bergamasco che conserva ancora nel paese dove è nato radici profonde.

Ci torna appena può, li abitano sua madre e suo padre, lo stesso che lo ha accolto nel giorno in cui è diventato attaccante per caso. L’ultima partita, quello che lo ha lanciato verso il nerazzurro della Dea, Colombi l’ha giocata davanti. Era una partita in famiglia, tra i ragazzi dell’oratorio: nulla poteva allontanare Simone dalla porta, neanche i sei gol con i quali la sua squadra si impose sull’altra. Un sei a zero con un solo marcatore sul tabellino era roba da raccontare al padre, come minimo. Gli amici avevano già visto di che cosa era capace Colombi fuori dalla porta. Mancava il padre. Che lo aspettava a casa con l’allenatore dello Zandobbio. Prima che potesse raccontargli dell’impresa, venne spiazzato dalla lieta novella. “Ti vuole l’Atalanta, domani vai a Zingonia”.

La felicità per i sei gol segnati passò in secondo piano, venne scossa da una notizia ancora più grande. L’Atalanta lo voleva come portiere. E il sogno di una vita stava per realizzarsi, in barba ai sei palloni sbattuti in rete contro i pari età. A nove anni, passare in uno dei vivai più floridi d’Italia era motivo di felicità. Sentimento che accompagna Colombi in tutta la trafila del settore giovanile della Dea, dove all’ombra di Coppola e Consigli (il portiere del Sassuolo, sì), ha sfiorato di striscio la Serie A, quella ritrovata dopo tanto girovagare prima grazie al Cagliari (primo acquisto dell’era Giulini), poi con il Carpi. In mezzo l’anno al Palermo. Adesso con il Parma una vita nuova. L’esordio in Coppa Italia, poi in campionato. Le visite mediche in estate organizzate in un’ora, era a casa in costume mentre apprendeva dal suo agente, Tullio Tinti, che il Parma era a caccia di un secondo affidabile da schierare dietro a Sepe. Una trattativa che mise in macchina Simone, direzione Prato allo Stelvio tra una canzone di Coez e un pezzo di Tommaso Paradiso, Colombi pensava già alle visite mediche, poi ad aggregarsi in ritiro al resto della truppa per prepararsi a una stagione da protagonista, all’ombra di Sepe, ma con indosso la maglia del Parma.

 

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