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L’alimentazione, i lavori con il padre e il Parma: come cresce Juric

Il centrocampista croato è una delle sorprese di questo inizio di stagione: oltre al primo gol stagionale, ha fatto registrare progressi notevoli anche nell’interpretare il ruolo

Il quartiere di Pujanke, nella parte orientale di Spalato, è stato da sempre considerato una città a parte. Diecimila abitanti sono immersi nella vecchia Split, che confina con quella nuova. Dove ci sono negozi, centri commerciali, case, una chiesa, un mercato e una scuola elementare. Quella che ha frequentato Stanko Juric, l’operaio del pallone alla sua seconda vita in Italia. E’ qui che Juric è cresciuto: tra le magie di Patrick Vieira eletto da subito a suo modello e ammirato con la maglia dell’Arsenal e la passione smisurata per i colori dell’Hajduk di Spalato, squadra della città che da quelle parti somiglia tanto a una specie di religione. Quella per l’Hajduk è una fede, vera e propria, tanto da dedicargli un tatuaggio. Giocarci ha significato per Juric coronare il sogno della sua vita. La cultura popolare croata non prescinde certo dal calcio, il pallone è intrinseco in quasi tutti i ragazzini che da quelle parti crescono divisi tra le spiagge dalmate e i lavori manuali. 

E Juric non ha certo fatto eccezione. Il padre si è sempre diviso il lavoro: muratore e imbianchino, all’occorrenza. Riparava crepe, pitturava muri. E il giovane Stanko ha sempre dato una mano a portare a casa il pane. Se entrava in agenda un nuovo appuntamento, Juric non si tirava certo indietro nel caricarsi sulla schiena secchio e pennello, salire sulle impalcature e dare una mano di colore. Fino a quando poteva: c’era anche l’allenamento da fare con l’Hajduk, squadra della quale è tifoso e della quale conserva addosso i segni dopo averci giocato a lungo. Ha tatuato il nome sul petto, perché oltre al calcio – che è riuscito a trasformare da passione a professione – l’altro grande amore di Juric sono i tatuaggi. E l’Hajduk, appunto. Quando i suoi ex compagni giocano in contemporanea al Parma, a fine gara telefona al padre per conoscere il risultato della partita. Tifoso vero, combattente.

E’ partito forte, più forte degli altri il centrocampista croato. Oltre al primo gol della stagione, Juric è apparso più determinato, più concentrato e attento. E’ cresciuto in personalità, dopo un anno lo si nota: si guarda in continuazione le spalle, chiede il pallone sempre e va dentro, si inserisce e protegge i compagni. Ha più consapevolezza del ruolo, dopo una stagione che a livello di squadra è stata pessima. Insomma: Juric è già in forma campionato, Pecchia è contento di questo e quando tornerà Bernabé sarà lieto di avere un ‘problema’ nel dover scegliere due maglie su tre a disposizione.

Intanto si gode Juric, una delle poche intuizione positive di un anno fa: un ragazzo silenzioso, che vive per il calcio voluto da Ribalta. Cultore dell’alimentazione e del fisico, esce poco a Parma anche se vive in centro e conosce i luoghi topici di una città che gli sta concedendo una seconda possibilità. Difficilmente lo si vede seduto in qualche ristorante, malgrado si conceda qualche ‘sgarro’ nel weekend. A lui piace cucinare, misurare le quantità di cibo che gli spettano durante la settimana, in continuo contatto con lo staff del Parma, si regala poche gioie a tavola e rispetta la dieta. Difficile che vada fuori dal menu concordato. E si allena, lavora sodo e – appena sente di esserselo guadagnato – prenota del sushi facendo uno strappo alla regola.

Qualche offerta per Juric è arrivata. Ma il Parma e Pecchia hanno preferito tenerselo stretto. Per dare anche con lui l’assalto alla Serie A. 

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