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Nella crisi del Parma, sempre più giù

Non basta il punto. Qualcosa si è visto, ma la condizione fisica non garantisce. E chi entra dalla panchina non dà nulla

Numeri che inchiodano D’Aversa e i suoi al penultimo posto in classifica, sempre più marcata la differenza di punti che c’è con la quartultima piazza, il Torino che ha saputo superari i suoi limiti strutturali sopperendo alle difficoltà tecnico-tattiche con l’orgoglio del cuore granata.

Nicola è riuscito a fare quello che a D’Aversa per il momento non sta riuscendo: tirare fuori il coraggio dai suoi, rafforzare l’animo tramortito dai risultati negativi. Il Torino, come il Parma, è tornato sui suoi passi, ammettendo il fallimento di un progetto partito con altri propositi in estate, frantumatosi nell’idealismo e nei pessimi risultati di Giampaolo. Al Parma ci sono volute 16 giornate per capire che le idee intavolate in fretta e furia in estate non sono mai decollate. Che non fosse l’anno giusto per le rivoluzioni lo dimostrano i progetti di Genoa (cacciato Faggiano, esonerato Maran) e Cagliari che seppur tardivamente rispetto alle altre concorrenti per la salvezza, ha messo da parte Di Francesco (al quale Giulini aveva anche rinnovato il contratto) per affidare le residue speranze di salvezza a Semplici. Ma nel caso del Parma, le rivoluzioni sono state imposte dalle contingenze del momento. Da un vortice di fatti che ha travolto un po’ tutti. Tolto il Genoa, che pare solido e in fuga verso porti sicuri, bravo a svoltare con Ballardini, le altre squadre lottano per non retrocedere.

E al momento due dei tre posti sembrano destinati al Parma e al Crotone. Parma che non ha certo giovato del cambio d’allenatore (2 punti in 7 partite, terza rimonta dopo una situazione di vantaggio). Anche se qualcosa di diverso si è visto a livello tattico e di gioco, soprattutto contro l’Udinese. Purtroppo pure con D’Aversa sono emersi i limiti strutturali di una squadra male allestita, alla quale chi entra finisce sempre per non dare nessun apporto, che fisicamente crolla dopo un’ora di gioco e qualcosa in più, intrappolata nelle paure di una classifica che scotta e di un pallone che aumenta di peso, gara dopo gara. Non è bastata la scelta di scuotere il gruppo con la tribuna di Kurtic e Gervinho, rei di non avere coscienza del momento (eufemismo), né di dare spazio a giovani talenti o presunti tali (Mihaila, ha fatto bene perché – guarda caso – era il più pronto davvero). In fondo, nessuno conosce i tempi del raccolto meglio del padrone dell’orto, arrivato a cose più o meno fatte senza riuscire a raddrizzare una situazione che vede i suoi a un passo dal baratro.

E che adesso sperano nel riscatto con lo Spezia, al Picco, per evitare di cadere in maniera definitiva. Sarebbero guai seri, poi.

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