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Quella volta che imbrigliò Conte con il 5-3-2: Liverani il trasformista

Alla base del cambio di modulo, decisivo il colloquio con il ds Carli. Esperimento che potrebbe ripetersi anche con la Fiorentina

Lo diceva anche Albert Einstein, che con il calcio non ha niente a che vedere, che la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario. Evidentemente a Fabio Liverani è parso necessario cambiare qualcosa. Sabato sera a San Siro, lo ha fatto in fondo per cercare di proseguire la trasformazione del Parma. E per cambiare, innovare un progetto tecnico frenato da troppi intoppi (vedi infortuni e coronavirus), il tecnico romano ha deciso di fare un passo indietro mettendo da parte – probabilmente solo per adesso – il suo credo calcistico, rinunciando a proporre per cercare di coprirsi senza prestare il fianco all’avversario,in nome di un 5-3-2 d’altri tempi. Era successa una cosa simile un anno fa, quando Liverani allenava il Lecce. E ha sbarrato la strada all’Inter, con un cambio d’assetto che ha sorpreso Conte. Fu tutta un’altra gara, diciamolo, ma anche in quel caso ai nerazzurri fu concesso il possesso, l’allenatore del Parma si prese il punto. A San Siro sabato è stata una partita quasi perfetta per un’ora.

Una prova ordinata, la forza dell’Inter è rimbalzata sul muro di gomma del Parma schierato con uno scudo di cinque difensori davanti a Sepe, sorretto dalla forza di due centrocampisti come Hernani e Kurtic, aiutati dai muscoli di Kucka che si è diviso tra mezzala e incursore (poche, per la verità, le occasioni per attaccare e supportare) e dallo sprint di Gervinho. Un piano strategico che ha sparigliato le carte in tavola, ha fatto saltare il banco apparecchiato da Conte alla vigilia, con l’allenatore dell’Inter che si è visto occludere gli sfoghi sugli esterni denunciando tutta la sua difficoltà di giocare per vie centrali senza il Lukaku di turno. E privi di un centro-boa, i nerazzurri hanno faticato parecchio nel tentativo di tenere palla davanti per far salire i centrocampisti e dare sfogo sull’esterno, dove Hakimi e Darmian hanno avuto qualche difficoltà in più rispetto al solito.

Ne è uscito bene Liverani, che ha subito poco sconfessando il suo 4-3-1-2 e facendo di necessità virtù. Poche ore prima della gara, senza un terzino destro di ruolo (aveva giocato Grassi contro lo Spezia) e con Osorio out per covid, il tecnico romano ha lanciato Balogh e riproposto il centrocampista bresciano nella posizione di esterno (quinto a destra), chiudendo gli spazi e provando a fare leva sulla densità al centro. E ci è riuscito: decisivo in settimana è stato il confronto con il direttore sportivo Marcello Carli per un giro di vite volto a togliere certezze agli avversari, magari sorprendendoli, senza però impossessarsi del dominio del gioco e sfruttando le folate offensive (o ripartenze) di Gervinho. Un suggerimento dopo un confronto servito a evitare un eventuale sofferenza.

Fino a quando è stato in campo, l’ivoriano ha tenuto in scacco la retroguardia dell’Inter, bucata anche grazie al lavoro straordinario in fase di rifinitura di Roberto Inglese, abile nel tessere trame e difendere il pallone. Quando la benzina della freccia nera è finita, il serbatoio del Parma si è svuotato, Liverani – conscio del valore di un risultato positivo – si è messo dietro ad aspettare rinunciando di fatto a ripartire. E inserendo i muscoli di Cyprien e Sohm per provare a emergere nella battaglia. Ci è riuscito poco, il dominio territoriale dell’Inter è stato netto, anche se ha trovato sfogo all’ultimo minuto. Per questo il punto, al termine della resistenza, sa di poco per il Parma, che intanto se lo intasca e prova a capire se quello di San Siro è stato solo un esperimento oppure può essere un’alternativa. In attesa del ritorno di qualche pedina fondamentale per il gioco di Liverani.

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