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Finisce l’era D’Aversa: pronto Liverani

A nulla è servito il doppio summit in Sardegna e poi a Collecchio perchè il tecnico non era convinto a sposare il nuovo progetto del Parma

È finita l’era di Roberto D’Aversa: uno dei regni più duraturi del Ducato di Parma, sicuramente il più ricco dal post fallimento. Una cavalcata piena di successi, lunga 1340 giorni, contraddistinti da sorrisi che segnano imprese, gioie che vanno oltre le previsioni e un ardore riacceso che covava sotto le ceneri della Serie D.

A niente è servito il summit in Sardegna prima con Carli e Lucarelli, a Collecchio poi, meno di una settimana fa. L’allenatore, ‘sfiduciato’ già alla fine del campionato, non era di suo convinto – come ha scritto la Gazzetta dello Sport – a continuare dopo il progetto volto al ringiovanimento della rosa e alla lotta per rimanere in Serie A, situazione che tra l’altro aveva sempre vissuto perché l’obiettivo del Parma dopo le vittorie per tornare in A è sempre stato quello di mettersi in tasca la salvezza. E D’Aversa lo ha sempre portato a casa. Finisce dopo quattro anni un ciclo vincente, convincente, con la proprietà che lavora per trovare un accordo, e intanto ha deciso di voltare pagina dopo l’addio di Daniele Faggiano, un fulmine a ciel sereno al quale è seguito l’arrivo di Marcello Carli. Riparte da lui il nuovo corso, toccherà all’ex Cagliari avviare un nuovo processo, probabilmente con in sella Fabio Liverani, lo stesso tecnico per il quale ha battagliato a Cagliari. Si è dovuto arrendere a Giulini, il presidente dei sardi che prima lo ha sollevato dall’incarico, poi ha scelto Di Francesco. Pescarese come D’Aversa. La cui cavalcata con il Parma è rimasta nella storia.

L’orgoglio di essere parmigiani, ribadito nel derby dopo 25 anni, l’impennata di ego restituita ai tifosi per aver accompagnato il Parma nella storia. Mano nella mano, dalla Lega Pro alla Serie A, passando per due promozioni e due salvezze. Imprese storiche di un ciclo lungo quattro anni, dove il Parma ha saputo crescere con D’Aversa e D’Aversa è cresciuto di conseguenza con il Parma.

Un percorso incrociato, segnato dal pensiero totalizzante di un allenatore emergente, che si è saputo imporre con personalità in un ambiente che lo masticato con il rischio di sputarlo, prima di apprezzarne appieno le doti: avrebbe voluto chiudere con una vittoria contro l’Atalanta, per lasciare il segno tangibile e tagliare un altro traguardo: quello dei 50 punti e ti un decimo posto alla portata.

Niente, ci è arrivato vicino: pazienza. Chissà quante immagini saranno passate nella testa di Bob in queste ore. Difficile sintetizzare quattro anni di successo, proviamo a immaginare noi quali: i due derby, la semifinale contro il Pordenone, la partita senza storia con l’Alessandria, e poi ancora la sfida contro il Palermo, quella con il Frosinone, la notte di La Spezia, San Siro e la prima vittoria contro l’Inter, il 3-3 dello Stadium con la Juventus, la punizione di Scozzarella sporcata da Ceravolo che ha gonfiato la rete nell’ultima partita con la Fiorentina, quella che valse la prima salvezza. Quest’anno le gare sono tante da appuntarsi: un girone di andata straordinario, al quale è seguito quello di ritorno condotto in serenità.

Il post D’Aversa è già cominciato. Il Parma ha poco tempo per piazzare sulla sua panchina il nuovo timoniere.

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