
Ancora tre nodi da sciogliere prima del ritorno in campo
FORMULA – La Figc ha fissato il suo piano B (e anche un piano C): play-off se il campionato si dovesse fermare per un caso di positività. E se poi non ci fosse tempo neanche per quelli, definizione di una classifica finale. Già, ma su quali criteri? Questo il primo nodo da sciogliere. Perché la maggioranza che ha approvato queste due formule, rischia di esplodere quando se ne dovranno a definire i termini. Se il campionato dovesse fermarsi definitivamente, come stabilire retrocessioni, qualificazioni in Champions e in Europa League? . La Figc dovrà stabilire, per motivi di credibilità del sistema, prima della ripresa. Così come la formula dei play-off (e play-out) che finora si è limitata a definire “brevi”.
CONTRATTI – Il campionato dovrebbe ripartire il prossimo 13 giugno, in alternativa il 20. E terminare all’inizio di agosto. Il problema è che i contratti dei calciatori scadono il 30 giugno e moltissimi in tutta Europa a quella data saranno liberi. La Serie A non fa eccezione e le situazioni sono le più disparate. C’è chi come Callejon del Napoli sarà a quella data senza squadra. Chi come Kulusevski o Petagna dovrebbe lasciare la propria squadra per passare a chi lo ha già acquistato (Juve e Napoli). La Fifa ha dettato linee guida generali: tutti questi contratti possono essere estesi fino al termine delle competizioni in corso. Il problema è che non può essere fatto d’imperio, ma bisogna trovare un accordo con le parti coinvolte: la questione è seria e rischia di avere strascichi legali.
STIPENDI – In tutto ciò è esplosa la bolla degli stipendi. La Federcalcio ieri ha deciso di permettere l’iscrizione al campionato di Serie A 2020/21 anche a quei club che non dovessero pagare gli stipendi di marzo e aprile: potranno aprire un contenzioso con i giocatori e presentare domanda, senza restrizioni. Per i giocatori è inaccettabile, considerato che, vista la deroga sulle scadenze per versare gli emolumenti successivi, rischiano di incassare da qui al 31 agosto solo un mese di stipendio. Per i club di Serie A però, la soluzione è vitale: i club ritengono di non dover pagare i mesi di marzo e aprile (uno andrebbe come ferie godute) visto che non c’è stata prestazione. Lo scrive “Repubblica”.
