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Parma, l’appetito vien mancando

Demotivata, senza idee e confusa: la squadra di D’Aversa è irriconoscibile e ricade – dopo l’illusione della vittoria con il Genoa – commettendo gli stessi sbagli

Sentirsi deboli e indifesi: probabilmente è questa la sensazione che ha attraversato gli animi dei giocatori del Parma in un pomeriggio trascorso da visitatori dell’Olimpico in una Roma troppo grande per i ragazzi di D’Aversa. E per D’Aversa stesso. La magnificenza delle statue che fanno la guardia all’impianto sportivo posto all’ingresso del villaggio del Coni deve aver impressionato Bruno Alves e compagni che dei monumenti hanno preso in prestito la staticità, visto che in campo domenica nessuno si è mosso con convinzione per tentare di arginare il potere di una Lazio con più fame.

A proposito di fame: quella del Parma con il passare dei giorni sembra essere svanita. L’abbuffata iniziale al convivio della Serie A deve aver bloccato l’appetito di una squadra che aveva nella voglia di fare, nell’attenzione e nella fame appunto i suoi principi. Evidentemente la ricca tavola aveva sorpreso il Parma che – viste le pietanze invitanti – aveva deciso di sfruttare ogni singola portata per trarre il massimo e sentirsi al sicuro già a metà pranzo. Nell’altra metà, complice qualche svarione, la squadra di D’Aversa si è alzata dalla tavola e ha lasciato la merenda agli altri (vedi Spal, ad esempio), incassando sconfitte rimediabili.

La fame che manca negli interpreti finisce per condizionare i risultati di una squadra in apnea: l’esperimento di domenica, quello di affidarsi a due centrocampisti di ruolo (Rigoni e Kucka) più un’ala adattata a giocare dentro al campo (Biabiany), non ha pagato. Spazi, corridoi immensi, diventati piste senza ostacoli per i giocatori della Lazio che in maniera rapida arrivavano senza opposizione al cospetto di una retroguardia tremula, con poche certezze e senza lo scudo della mediana a protezione.

E così, mentre il Parma cavalcava il fiato, la Lazio faceva lo stesso con le praterie spalancate da Rigoni e compagni, tardivi nell’azione del pressing coordinato e incapaci di interpretare la fase difensiva con i tempi giusti. “Abbiamo sbagliato partita – ha detto D’Aversa alla fine – contro un avversario sbagliato”. L’onestà intellettuale del tecnico si traduce nel riconoscimento di qualche errore (anche suo) di faciloneria, tipico di chi si sente già a posto con la coscienza di aver dato tanto. Forse troppo. Ma non abbastanza.

Per continuare a stupire bisogna almeno mantenere l’intenzione di volerlo fare, oltre alla costanza che può darti il lavoro. Ritrovare la concentrazione è l’obbligo che il Parma si impone in questi quindici giorni di sosta, giunta come manna, intervallo che servirà a recuperare, in primis, gli infortunati, poi le energie mentali per spegnere definitivamente le polemiche che puntualmente montano dopo ogni sconfitta. Sia essa di misura o larga.

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