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Un altro caso Parma? A Palermo sembra di sì

Il fallimento dei crociati nel 2015 è stata la punta di un Iceberg che ha manifestato i problemi di un sistema malato che non ha tratto nessun insegnamento

Nell’estate rovente del Parma, oltre al senso di ingiustizia avvertito dai tifosi, a cui la pena richiesta per il club sembrava francamente sproporzionata e smisuratamente più grande di un reato inesistente – come hanno dimostrato poi i fatti – si sentiva nell’aria un richiamo disperato di attenzione. Quello di Maurizio Zamparini, proprietario del Palermo che aveva, nel frattempo, appena perso la Serie A durante una partita con il Frosinone rocambolesca.

Il chiasso generato dopo dai rosanero, nella figura del suo ormai ex presidente, ha riportato alla mente di molti il flashback vissuto nella terribile estate in cui il Parma ha perso quella storica Europa League conquistata sul campo dopo mille battaglie. E cancellata prima per un cavillo burocratico, di 300.000 euro, versati in ritardo ma non capaci di colmare quella che poi è diventata una voragine, dentro la quale il Parma è precipitato chiudendo baracca e burattini, inghiottiti dalla vergogna di una montagna di debiti generati da un sistema che – in seguito – si è poi scoperto essere utilizzato più o meno nella stessa maniera anche da qualche altro club.

Debiti su debiti, quasi 200 milioni di euro che nessuno si è voluto sobbarcare. Nessun acquirente è stato talmente generoso – o stupido, diciamo la verità – da sostenere un impegno del genere, gravoso e pesante come un macigno. E a pagare sono stati i tifosi, che hanno visto i loro sogni spezzarsi e rotolare in Serie D, sul gradino più basso del pallone; i dipendenti, che hanno perso un impiego salvo per qualcuno ritrovarlo poco dopo; e ancora i giocatori che – per carità, non ne avranno avuto il bisogno – non hanno percepito lo stipendio relativo a un anno di lavoro.

A Palermo un polverone simile si è generato in estate, quando i rosanero hanno di fatto perso gli introiti vitali dei diritti tv che sarebbero serviti – probabilmente – a rimandare questa situazione, a prolungare l’agonia di una squadra che non ha più un padrone, né una società o un rappresentante. L’ex proprietario Zamparini ha cominciato a provarci a colpi di corsi e ricorsi storici, appellandosi a ogni organo federale e/o giudiziario preposto. Proprio come Ghirardi in quell’anno, storto per tanti motivi, cominciato con le sue dimissioni e finito peggio, con un personaggio che si aggirava all’interno del centro sportivo millantando un assegno milionario mentre i giocatori gli ridevano in faccia e lo sfiduciavano fino all’ultimo. Fino a prima dell’arresto.

Ai domiciliari è finito anche Zamparini, per falso in bilancio e auto riciclaggio. Lo stesso che tra giugno e luglio se ne usciva con comunicati sul Parma, cercando di attirare l’attenzione di chissà chi per ottenere qualcosa che aveva perso sul campo e che, probabilmente, avrebbe tenuto in vita la sua squadra. Ancora per un po’ a quanto pare. A distanza di anni, un nuovo caso Parma, clamoroso come quello che ha coinvolto i crociati. In mezzo, tra il fallimento della società ducale e la situazione dei rosanero, tante altre squadre sono state spazzate via dall’onta di vergogna mista a debiti. Cos’è cambiato? Nulla. Niente. Solo  la figura del presidente federale che non è più Carlo Tavecchio, lo stesso che si è vantato ad ottobre di essere stato l’artefice (ma in che modo?) della rinascita del Parma e colui che ha permesso (grazie all’iniezione dei cinque milioni di euro) di portare a termine quel campionato.

Cos’è cambiato? Niente. La lezione non ha sortito gli effetti sperati. E mentre il Parma ha scritto la storia, nonostante qualcuno ha cercato di sporcarla o ridimensionarla, il calcio italiano manifesta sempre i soliti problemi. Quelli di un tempo, quelli che lo tengono distante anni luce dall’Inghilterra presa come punto di riferimento in ogni ambito, ma ancora lontana. I casi Parma ci sono ancora? Sì, e quelli che si conoscono, che sono di pubblico dominio, sono solamente la metà rispetto a quelli che probabilmente vengono risolti alla buona. Salvo poi manifestarsi ancora.

 

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