Dopo un biennio sfortunato dal punto di vista dei risultati, il Parma si sta palesando per quello che era il progetto iniziale nella testa della proprietà americana
Il Parma di Fabio Pecchia nel corso delle ultime settimane si è trovato a fronteggiare un’emergenza che di rado si verifica nel calcio, facendo i conti con la doppia cifra di calciatori assenti.
In occasione della gara contro il Como l’allenatore ducale ha dovuto escludere dalla lista dei convocati una vera e propria formazione titolare: i portieri titolari Buffon e Chichizola, Cobbaut, Romagnoli, Oosterwolde (squalificato), Ansaldi, Bernabè, Camara, Coulibaly, l’attaccante Roberto Inglese, Charpentier e l’asse romeno Man e Mihaila.
Nonostante i 13 indisponibili, piuttosto equamente distribuiti tra i ruoli, la compagine crociata ha portato a casa la sfida imponendosi per 1-0 ai danni del Como grazie al gol di Enrico Del Prato.
Tre punti dal valore simbolico enorme e che rimarcano un concetto affatto banale: saper lavorare coi giovani non garantisce soltanto plusvalenze future, ma risultati nel presente.
La bravura di Fabio Pecchia però non è stata solo quella di creare l’amalgama in un variegatissimo spogliatoio. Se l’aspetto mentale gioca un ruolo cruciale, quello identitario è altrettanto essenziale. A prescindere dalla posizione in cui vengono schierati e dal tipo di avversario che affrontano, tutti i giocatori della rosa ducale sanno perfettamente come comportarsi in campo. Un simile risultato si ottiene soltanto lavorando con insistenza su principi di gioco che vengono riconosciuti come validi, appresi e perfezionati da tutti.
L’assoluta sinergia di intenti sta facendo la differenza rispetto alle precedenti stagioni dell’era Kyle Krause in Emilia e a crearla è stato senz’ombra di dubbio l’allenatore.