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L’abitudine alla sconfitta: il male atavico da estirpare

Considerando le due stagioni e solo gli impegni contro squadre di A e B il Parma è arrivato al record negativo di tredici ko di fila

Se è vero che vincere aiuta a vincere bisogna anche dire che quando si inizia a perdere si imbocca un tunnel di paure, insicurezze e blocchi mentali da cui non è facile uscire. Guardare per credere l’incredibile striscia negativa del Parma, che analizzando il finale disastroso della scorsa stagione, le amichevoli precampionato e il primo impegno ufficiale in Coppa Italia ha perso ben tredici partite di fila contro squadre di serie A, compreso il Bochum neopromosso in Bundesliga, e B. Tante sconfitte, alcune rocambolesche e altre più che meritate, unite da un comune denominatore: la fragilità della squadra che si scioglie alle prime difficoltà e non riesce più a reagire. Il primo Parma di Maresca è durato poco più di un quarto d’ora poi ha lasciato sempre più praterie alle avanzate del Lecce, decisamente più aggressivo, organizzato e con un equilibrio che i crociati faticano ancora a trovare.

DIFFERENZE. Rispetto allo scorso anno le uniche novità dal 1′ si concentravano tra centrocampo e attacco: Juric, Vazquez, peraltro due delle note più stonate nel caldo pomeriggio del Tardini, e i giovani Daniele Iacoponi e Benedyczak, volenterosi e generosi finchè si vuole ma che per ragioni anagrafiche non potranno mai essere i pilastri di un gruppo che ambisce all’immediato ritorno in serie A. Il resto dei giocatori, eccetto Tutino subentrato nell’ultima mezz’ora, era già presente in rosa nell’ultimo campionato e, vuoi per inesperienza, scarsa conoscenza del calcio italiano e semplicemente limiti strutturali, aveva più volte dato prova di non aver quel carattere necessario per rialzarsi e affrontare le avversità.

PUNTO DI RIFERIMENTO. Si è spesso detto che mancava un leader carismatico di riferimento, come erano stati in passato Lucarelli e nelle prime due stagioni Alves: una figura individuata in Gianluigi Buffon, attualmente ai box per infortunio, che, però, da solo e, soprattutto, dalla porta non può fare miracoli entrando nella testa dei compagni. A livello tecnico un elemento del calibro di Vazquez può dare una grossa mano, se supportato da una condizione fisica accettabile, ma è evidente che non ha nelle corde il ruolo di trascinatore in mezzo al campo, ricoperto, in parte, fino a poche settimane fa da Kucka.

STRATEGIA. La scelta di disputare amichevoli di spessore, se da un lato ha “allenato” la squadra ad assimilare un certo tipo di idee e gioco, dall’altro ha finito con l’aggravare quest’abitudine a perdere che, seppur trattandosi di calcio d’agosto, sicuramente non ha innalzato autostima, morale e fiducia nei propri mezzi. Se si escludono i due test con Stegen Stegona e Trento, i ducali, dal 10 aprile ad oggi, hanno collezionato solo battute d’arresto, ben tredici consecutive: nell’ordine, Milan, Cagliari, Juventus, Crotone, Torino, Atalanta, Lazio, Sassuolo, Sampdoria, Bochum, ancora Sassuolo, Inter e, infine, Lecce. E per chi ha investito tanto e vuole recitare un ruolo da protagonista in serie B non è sicuramente un bel biglietto da visita.

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