L’ex presidente della FIGC: “Lo Stato italiano si è ricordato che riceverà più di un miliardo di tasse dal calcio. Tifosi allo stadio? Sì dimezzando la capienza”
C’è grande attesa per la ripartenza della Serie A in programma il prossimo 20 giugno, ma l’intero sistema è cosciente delle problematiche che si dovranno affrontare per rispettare i protocollo e chiudere l’anno in sicurezza. Cosa fare, quindi, in caso di nuovi contagi? Alla domanda più delicata ha provato. dare una risposta l’ex presidente della FIGC, Carlo Tavecchio: “Fermare tutta la squadra in caso di un solo contagio è una decisione molto restrittiva: sarebbe come fermare l’intera equipe di medici di un ospedale se se ne ammala uno. Bisognava fare come Germania, Spagna, Inghilterra e Portogallo. Secondo me c’è un rischio, e non di poco conto, in itinere. Non c’è la garanzia di finire“.
“La Federazione ha mantenuto la linea di chiedere la ripresa, perché il problema è soprattutto economico: ci sono centinaia di milioni a rischio, mutualità non pagate nelle leghe minori e possibilità di processi civili interminabili. Lo Stato italiano si è ricordato che riceverà più di un miliardo di tasse dal calcio – ha detto a TMW -. Sulla questione delle scadenze contrattuali al 30 giugno si dovranno fare delle proroghe perché il problema sanitario è eccezionale e servono provvedimenti che siano tali. I tifosi? Credo che, una volta ripreso il campionato, si potrà andare in 20.000 in uno stadio che ne contenga 40.000, tenendo un metro di distanza. Non credo si possa lasciare fuori dalla porta una parte culturale e socio-economica tale“.