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ESCLUSIVA – Amauri, doppio ex: “Parma nel cuore”

L’italo-brasiliano gioca con ForzaParma.it la partita di domenica: “Gara tosta, ma i crociati hanno le armi giuste. Inglese? Che bravo”

Mi manca l’Italia. Sì, un giorno ci tornerò, ma per ora sto qui. A Miami non si sta poi tanto male, ve lo dico“. Amauri ha smesso di giocare a calcio, lo ha fatto indossando la maglia dei New York Cosmos,  squadra di seconda divisione del campionato nordamericano. Ha scelto di vivere negli Stati Uniti ma ha l’Italia nel cuore. “Io sto bene – confessa a ForzaParma.it – ormai ho fatto questa scelta di starmene qui con la mia famiglia, la rispetterò almeno per qualche anno. Adesso non gioco più, ho quasi 39 anni ed è giusto che abbia chiuso con il calcio. Continuo però a seguire il calcio e gioco solo per divertimento con gli amici, come ai vecchi tempi“.

Va bene Amauri, ha chiuso con il calcio ma cosa farà da grande?

“(Ride ndc). Sono già grande. Mi piacerebbe lavorare nel calcio, vorrei lavorare con i giovani, per adesso seguo mio figlio: sta giocando anche lui. Gioca a Miami, diciamo che qui in questo momento stiamo tifando perché Beckham arrivi qui, spero possa esserci l’opportunità per avere un calcio vero. Ma qui in Florida il campus di mio figlio è, diciamo, il migliore. Ti dà l’opportunità di crescere seguendo delle regole”.

Le manca il calcio?

“Sinceramente il calcio in sé mi manca, ho sempre fatto il calciatore, quello che sognavo da bambino. Ho vissuto molte vite nella mia carriera. Diciamo che mi manca, ma ancora di più mi manca lo spogliatoio, i momenti con la squadra, le cazzate – si può dire? – con i compagni”.

A proposito di compagni, Lucarelli ha scritto un libro.

“Non ci credo (ride ndc). Grande Ale, veramente un grandissimo. Mi ha chiamato, so tutto. Con lui ho un ottimo rapporto, abbiamo giocato assieme a Parma, ci siamo conosciuti a Piacenza, avevo 20 anni, ero appena arrivato e lui 25. Mi prese sotto l’ala protettiva, anche se per poco, mi aiutò. Nel corso della carriera ci siamo trovati tante volte da avversari, poi ci siamo rivisti a Parma. Si è creato un buon rapporto. Mi ha chiamato e mi ha fatto piacere sentirlo: ‘Ama, come sei messo?’ mi fa. ‘Sono messo male, Ale’, gli ho risposto. Non potevo venire, ho i figli che vanno a scuola, tante cose da fare dall’altra parte del mondo. Peccato. Sarebbe stato un piacere essere presente. Lucarelli è un punto di riferimento per tutti, per quello che ha dato al calcio e a Parma, per quello che ha fatto con il suo amore per la sua squadra e per tanti tifosi. Incredibile”.

Che ricordo conserva di Parma?

“Di Parma ho un ricordo fantastico, in uno dei momenti più bui della mia carriera il Parma ha creduto in me. Ho vissuto una brutta stagione con la Juventus, venivo da un momento critico. A dire la verità neanche il Parma stava benissimo in quel momento. Il presidente di quel periodo mi ha fatto una chiamata dicendomi di essere l’unico che poteva accompagnarli alla salvezza. ‘Se vieni qua ti saremo grati per tutta la vita’ disse. Non era facile lasciare la maglia della Juventus, una grande squadra. Però con quella telefonata mi ha convinto. Facemmo bene. Ci salvammo. Poi tornai, feci i miei gol e migliorammo perché andammo in Europa League. Poi successe quello che successe”.

Se lo ricorda il fallimento?

“Senta, se mi chiede cosa sia successo io non glielo so dire. Non ho capito, a un certo punto non ho capito più nulla”.

Che cosa è successo?

“Non lo so. So solo che ci trovammo in Europa League dopo averla conquistata sul campo. Poi venne fuori la storia del mancato pagamento e della licenza Uefa. Pazzesco. Io dissi di voler rimanere a Parma, non volevo andare via, stavo bene e avevo trovato la mia dimensione. Avevo progettato di non spostarmi più, volevo chiudere la mia carriera a Parma. Ma il presidente, lo stesso che mi chiamò per propormi il trasferimento due anni prima mi telefonò e mi disse: ‘Se accetti di andare a Torino sappi che ci dai una grande mano, siamo in una situazione disperata, sei l’unico che ha mercato’. Se avessi potuto fare qualcosa per salvare il Parma lo avrei fatto volentieri. Figuratevi se avessi messo i bastoni fra le ruote al Parma. Poi è venuto fuori tutto quel casino mentre io ero a Torino. A costo di salvare il Parma accettai anche di rimetterci. Quando guardo il rapporto che ho avuto con la società e con la piazza non puoi stare a pensare ai soldi. Posso fare io una domanda a lei?”

Prego.

“Dove sono andati ‘sti soldi? Io ho lasciato un milione di euro al Parma. Servivano per risanare il bilancio. Ora? Dove sono? Non lo so”.

Ha seguito la rinascita?

“Si, con grandissimo piacere. Con Lucarelli ci sentiamo spesso. Ha fatto la storia in quattro anni con il club. Ho seguito il Parma in quel periodo. Ogni volta che parlavo con Ale lui mi teneva aggiornto, sono poche le squadre che hanno fatto questa impresa. Io sono grato al Parma, sono felice per quello che mi ha dato”.

Che partita immagina con il Chievo?

“Le partite sono strane. I numeri dicono che il Chievo quando gioca fuori fa meglio, al di là della stagione che sta facendo. Il Parma però ha entusiasmo, secondo me può vincere. Ma non deve sottovalutare l’impegno. Ho avuto la possibilità di giocare entrambe le parti. Quando giocavo io si pareggiava, a volte si vinceva, ma è stata sempre una partita combattuta”.

Che ricordi ha di Verona?

“Belli. Ho avuto momenti di gioia e di difficoltà, sono rimasto per tre anni lì. L’ultimo è stato importante, sono cresciuto e mi sono fatto il nome e da lì ho conquistato le mie vittorie. Palermo, Juventus, Parma. A Verona è venuta fuori la mia qualità”.

Lei è stato il secondo oriundo dopo Camoranesi a essere convocato in Nazionale. Cosa pensa dell’Italia?

“Io mi sento italiano, sarò grato per tutta la mia vita all’Italia. A differenza di molti brasiliani, sono arrivato qui da sconosciuto, non avevo una squadra e ho dovuto fare tutto da solo, dall’inizio alla fine. La mia crescita in Italia è stata completa. Al di là del sangue brasiliano, io mi sento italiano in tutto e per tutto”.

Che effetto le ha fatto vedere l’Italia fuori dal Mondiale?

“Le dirò. Ho guardato l’Italia con il Portogallo. Nel primo tempo ho visto cose che non vedevo da molti anni. La Nazionale ha giocato bene, la palla girava veloce, credo che questa Italia con Mancini e con questi giovani possa fare molto. Ma non averla al Mondiale è stato un brutto colpo. Anche negli Stati Uniti dove ormai tutti mi conoscono mi chiedevano: ‘Come fa l’Italia a non essere al Mondiale? Ovunque si chiedevano perché fosse fuori dalla competizione”.

Inglese somiglia un po’ ad Amauri?

“E’ un giocatore che nel 2016 quando era al Chievo ha passato un momento in cui giocava e non giocava. Doveva conquistare la titolarità e affermarsi. Le racconto un aneddoto?”

Prego.

“Avevo la possibilità di tornare al Chievo da Torino, ma poi mi ha chiamato il direttore di allora, Nember, e mi ha detto che avevano per le mani un ragazzo che sul quale avrebbero scommesso. Non mi hanno voluto perché avevano paura che gli togliessi spazio. E io avevo detto: ‘Se verrò lì non avrò nessuna pretesa. Anzi, fate anche bene a far crescere un ragazzo giovane, per giunta italiano, può essere il futuro per voi’. Io non andai, lui fece benissimo. Negli ultimi due anni ha fatto bene con il Chievo e sta facendo bene adesso con il Parma”.

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