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“Dovevo rapire Zola, ma il suo ‘ciao ragazzi’ mi disarmò”

Fabrizio Maiello: "Avevo la pistola dietro la schiena. Non ce l’ho più fatta, mi sono avvicinato e gli ho chiesto un autografo"

Fabrizio Maiello: “Avevo la pistola dietro la schiena. Non ce l’ho più fatta, mi sono avvicinato e gli ho chiesto un autografo”

Se gli avessimo chiesto di mostrarci il palmo della mano per vedere la linea della vita, ne avremmo viste due. Ma lui avrebbe risposto serio che “no, è sempre la stessa, è la mia vita”. Che l’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia è il posto in cui ha incontrato il male e il dolore, ma anche il bene e l’amore. Che prendersi cura del suo compagno di cella con disabilità in realtà ha guarito lui. Che quando era bambino dormiva con il pallone da calcio in fondo al letto, e lo faceva anche in carcere.

Fabrizio Maiello palleggia tra i ricordi di una vita incredibile. Sarà un documentario, forse una serie tv, certamente un libro universitario. Intanto è un’emozionante monografia di parole e immagini di archivio concessa in esclusiva a ‘Traguardi – Sport e territorio in Emilia-Romagna’, che andrà in onda oggi, alle 13.30 sul palinsesto live di LepidaTv e al canale 80 del digitale terrestre.

Dalla carriera calcistica interrotta presto per infortunio, alla svolta nel buio: rapine, droga, il continuo dentro e fuori dal carcere, da cui usciva ‘facendo sempre peggio’. Fino al 1991 quando, nell’ex Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, grazie a un team di professionisti che hanno sempre creduto in lui e al legame profondo instaurato con un altro detenuto, Maiello ha fatto il goal più importante della sua vita.

“Nel 1994 ero latitante. Era autunno. Dovevo rapire l’allora campione del Parma Gianfranco Zola, era un idolo per me. Con altri criminali dovevamo speronare la sua auto in autostrada, ma lui si fermò a fare benzina a un distributore. Siamo scesi e gli sono andato incontro, lui ci ha guardato e con grande bontà ci disse: ‘Ciao ragazzi’. Avevo la pistola dietro la schiena, ma quel ‘ciao ragazzi’ mi ha disarmato. Non ce l’ho più fatta, mi sono avvicinato e gli ho chiesto un autografo. Gianfranco Zola negli anni mi ha ringraziato di non averlo rapito, io invece ringrazio lui. Sono cambiato anche da lì, grazie a quello sguardo e quella gentilezza”.

A sessant’anni Fabrizio Maiello è un uomo libero e testimone di progetti di educazione alla legalità nelle scuole. Dorme ancora con il pallone nel letto.

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