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L’analisi del bilancio del Parma

Un conto economico in profondo rosso, una solidità patrimoniale che tutta Italia invidia. Analisi dei paradossi del bilancio annuale del Parma Calcio 1913

Il Parma Calcio ha fatto registrare nel periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre 2022 una perdita di 96,5 milioni di euro, che sale a oltre 98 milioni di euro a livello consolidato, considerando anche la società Parma Calcio 2022 dedicata al calcio femminile e la società Parma Servizi srl a cui è affidata la gestione dello stadio Tardini. Un rosso monstre, ma più che controbilanciato dagli imponenti apporti di capitale effettuati dalla controllante Krause Group Italia nello stesso periodo, che permettono alla società di chiudere l’anno in positivo dal punto di vista finanziario, con un patrimonio netto di gruppo positivo per oltre 13 milioni di euro (precisamente 13.465.084 euro “in ragione della conversione in capitale” – si legge nel documento ufficiale – “a favore della Capogruppo, effettuata da parte della controllante nel corso dell’esercizio di una parte, pari a 214,5 milioni, dei finanziamenti infruttiferi e postergati, erogati dalla controllante, che ammontano, dalla data di acquisizione da parte di Krause Group a oggi, a euro 324,4 milioni“).  Sono i dati principali che si ritrovano nel bilancio di esercizio del Parma Calcio 1913, pubblicato sul sito ufficiale della società da qualche giorno. Un bilancio caratterizzato da numeri imponenti, che si prestano a una lettura in chiaroscuro. Sicuramente in negativo a livello di perdita annuale come conto economico. Senza alcun dubbio in positivo a livello di solidità patrimoniale, grazie agli apporti finanziari erogati dall’azionista di maggioranza. A ben leggere, infatti, il bilancio ufficiale del Parma offre una chiave di lettura netta e definita rispetto alla situazione economico-finanziaria del club, su cui le recenti polemiche sollevate dai comitati che si oppongono alla ristrutturazione dello Stadio Tardini non hanno certo aiutato a fare chiarezza.

324 milioni immessi

Dal giorno del suo arrivo a oggi, Kyle Krause ha immesso nel club risorse per oltre 324 Milioni di euro. Si tratta di denaro liquido, immesso cash nelle casse della società. Inizialmente questo apporto è stato fatto sotto forma di finanziamento soci – si noti bene a tasso zero e postergato, a differenza di altri proprietari che si fanno remunerare i prestiti concessi alle squadre con alti interessi – convertito però nel tempo a capitale, con oltre 214 milioni di apporto messi irrevocabilmente a patrimonio netto, 114 milioni l’anno scorso e circa 100 quest’anno,  per bilanciare le perdite di questi 2 anni e mezzo. Si tratta di un impegno finanziario munifico da parte dell’azionista di riferimento che ha pochi paragoni con altre proprietà e che a Parma, forse nemmeno nell’era Tanzi, si era visto così sostanzioso. L’effetto di questo sforzo è ben visibile dal punto di vista patrimoniale. Il Parma nonostante le perdite, ha un patrimonio netto di Gruppo positivo per oltre 13 milioni, in aumento di 2 milioni rispetto all’anno precedente (13,4 milioni al 31.12.2022 rispetto a 11,4 milioni al 31.12.2021), una disponibilità di liquidità che aumenta da 13,7 a 15,7 milioni anno su anno, un indice di liquidità superiore a 0,8 e un debito lordo in costante diminuzione.

La solidità

Proprio sul fronte del debito, oggetto di varie polemiche da parte dei Comitati anti-ristrutturazione del Tardini nei mesi scorsi, è opportuno fare un approfondimento. Il debito lordo di gruppo del Parma, durante l’esercizio 2022 è sceso da 146 milioni (dato al 31 Dicembre 2021) a 116 Milioni (dato al 31 Dicembre 2022).  Di questi 116 milioni è facile rilevare dal bilancio come oltre 63 milioni di euro siano finanziamenti a tasso zero erogati della controllante Krause Group Italia, ossia la quota residua non ancora convertita a capitale, che – come evidenzia la relazione dei revisori – ferma restando la forma giuridica, sono funzionalmente assimilabili ad apporti e non a debito. Rimangono quindi 53 milioni, di cui 1,6 di debito bancario, circa 18 rappresentati dal debito caratteristico di ogni società (fornitori, sicurezza sociale e previdenza, tributari) peraltro in calo significativo anno su anno e circa 33 milioni di debito cosiddetto sportivo, tecnicamente obbligazioni future verso gli enti specifici, ossia rate di cartellini o importi dovuti ad altre società sportive. Vanno però considerati, in questa voce, crediti sportivi analoghi per circa 12 milioni, che portano il monte impegni futuro complessivo del Parma a una cifra di circa 20 milioni di euro. Sono numeri che fanno del Parma Calcio una mosca bianca virtuosa nel contesto disastrato dell’attuale calcio italiano, considerando che il club ducale non ha aderito alla rateizzazione delle imposte in epoca Covid come ha fatto il 90% delle squadre di Serie A e B, né ha attivato cartolarizzazioni o finanziamenti garantiti da SACE (Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione). Per intenderci, tutti i costi finanziari del Parma li ha pagati Pantalone, in questo caso Kyle Krause, con moneta sonante.

Le Dolenti note

Riconosciuto a Krause questo sforzo munifico, si passa alle dolenti note. Che partono da un numero: 98. Che in questo caso non si riferisce a Dennis Man, ma ai milioni di Euro di perdita che il Parma Calcio ha registrato nell’ultimo anno solare. Una cifra mostruosa, che si aggiunge agli 87,5 milioni dei 12 mesi precedenti. Certo, la perdita è neutralizzata dagli apporti in capitale, ma si tratta sempre di quasi cento milioni “bruciati” in un anno, al di là della ricapitalizzazione dell’azionista. Il perché è presto detto. Il Parma ha una struttura di costi, sia dal punto di vista della rosa giocatori che dal punto di vista dirigenziale e organizzativo, da media-alta Serie A e le voci di spesa sono rimaste da Serie A nonostante la retrocessione e due anni di Serie B. I più attenti ricorderanno l’analisi di Jaap Kalma all’inizio della scorsa stagione “Non vuol dire che se siamo retrocessi andiamo a risparmiare” – spiegò nella conferenza di apertura stagione il manager olandese – “abbiamo fatto investimenti maggiori per portare il club dove merita di stare“. Un’occhiata al bilancio conferma che questo approccio è stato perseguito alla lettera. I costi per il personale, considerato sia i tesserati (atleti e tecnici), che non tesserato (dirigenti, quadri e impiegati), ammontano a 55 milioni di euro. Sono in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (60 milioni) ma va considerato che nel 2021 metà dell’esercizio era stato in Serie A. Che quella relativa ai salari sia una cifra particolarmente elevata lo si evince anche confrontando – grazie a tutti i dati pubblicati sul sito dal Parma – la stessa voce negli anni di Serie A. Nel 2019 il Parma di Gervinho, Kucka, Bruno Alves e Darmian faceva registrare 37 milioni di costi complessivi per il personale, con 112 persone retribuite tra calciatori, tecnici, dirigenti e quadri. Ora l’headcount segna 202 persone retribuite in media tra le varie figure nell’anno solare, con un costo aumentato complessivamente del 50% nonostante si stia parlando di Serie B e non Serie A.

L’obbligo di Serie A

E’ questa a oggi la grande anomalia del Parma di Krause. Una società strutturata da media-alta Serie A, con organizzazione, strutture, costi e stipendi da media-alta Serie A. Ma che al momento si trova al quinto posto in Serie B, dopo un campionato di cadetteria chiuso al dodicesimo posto. Una categoria che è completamente incompatibile con questa struttura dei costi, visto che la mancanza della Serie A costa al Parma, ogni anno, quasi 50 milioni di euro di mancati ricavi, se consideriamo i 40 milioni mancanti di diritti televisivi e l’impatto su abbonamenti, biglietti, sponsorizzazioni e pubblicità. Con questa organizzazione e questa struttura dei costi, il Parma è “condannato” a ritornare in Serie A nel più breve tempo possibile, se non si vuole continuare a chiedere all’azionista di bruciare ogni anno 80 o 100 milioni a esercizio, considerato anche che dall’anno prossimo il contributo del paracadute, che ha pesato in positivo per il 50% sui conti del 2022, sarà esaurito. È la Serie A il posto in cui il Parma di Kyle Krause deve stare e – dopo i tanti sforzi finanziari profusi – c’è da augurarsi che dirigenti, mister e giocatori, al di là delle frasi di rito che indicano nella crescita e nell’identità l’obiettivo di quest’anno, lo abbiano ben presente e si apprestino a giocare dei playoff da protagonisti per ritornare non solo dove al Parma compete, ma anche dove il conto economico impone. In Serie A.

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