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Parma, l’America è lontana e si è perso il focus

Il club deve rivedere la strategia: per ora non sta pagando la politica adottata da Krause

Il sogno a stelle e strisce si sta trasformando in un incubo: l’America e tutto quanto possa evocare è lontanissima. Geograficamente e dal punto di vista ideologico. E questo, più di ogni sconfitta o prestazione sconfortante è l’aspetto che preoccupa di più. Il Parma ci è ricascato, ha perso il filo di se stesso un’altra volta e ha ridotto la velocità di marcia mentre provava a inseguere le concorrenti per un posto ai playoff, tanto da rimanere impantanato nella corsia d’emergenza. Quattro punti nelle ultime quattro partite, un solo gol segnato e sconfitta numero 11 incassata a Como: tante quante ne aveva subite a fine campionato lo scorso anno. Pecchia deve aver dimenticato la bacchetta magica da qualche parte, dato che la sua spinta propulsiva si è esaurita. Ma più di ogni cosa sembra essersi smaterializzata davanti alla realtà la convinzione della società che, all’inizio della stagione, aveva puntato tutto su un gruppo arrivato dodicesimo lo scorso anno, pensando che bastasse qualche puntello per evitare che fosse ingoiato dalla concorrenza.

È vero che, come ama dire Pecchia durante le sue uscite pubbliche, i conti si fanno alla fine, ma quanto fatto fino a oggi sembra somigliare sempre più a un disastro sportivo. Un altro. È bastata l’organizzazione del Como, che ha messo un uomo in più in mediana, per mettere a nudo i difetti di una squadra senza personalità, senza grinta e senza ancora un’identità, che era un po’ l’obiettivo di quest’anno (a sentire i proclami dei dirigenti). Arrivati oltre la metà di marzo resta questo il problema: non sapere ancora per cosa è stato costruito il Parma. In linea di principio non è ammissibile, né comprensibile che il Parma si faccia sottomettere dal Como, come è successo per larghi tratti della partita. Il non gioco dei ragazzi di Pecchia ha fatto il paio con l’atteggiamento sbagliato e questo, contro squadre meno blasonate soprattutto che corrono per avere salva la vita, non va bene.

Dopo il gol di Cerri, un lampo, davanti al Parma c’erano ancora 85′ più recupero da giocare. Ma a parte qualche tentativo di reazione, organizzato in maniera rabbiosa, di pancia più che di testa, non si è visto tanto. Pecchia nella ripresa ha provato pure a smuovere la squadra, rifocillandola con la tecnica di Man e la speranza Inglese. Gruppo forse più ordinato che però ha smesso di essere pericoloso dopo un primissimo scorcio. Il Parma non ha corretto quasi nulla in corso d’opera, finendo per somigliare a una creatura che litiga con se stessa. Pochi dribbling, giocatori smarriti e un effetto boomerang che ha colpito in pieno viso il Parma. Mai stato espressione di quello che avrebbe voluto fosse Pecchia. La squadra è diventata prigioniera di un limbo, un equivoco a tutti i livelli dettato da un’incapacità di tradurre le buone intenzioni in risultati. Si è perso di vista il focus, al Parma: dove tutto è diventato importante tranne che il pallone, che fa pendere l’ago della bilancia e determina giudizi. Soprattutto indirizza i risultati in una corsa decubertiana nella quale il club incarna perfettamente il senso de “l’importante è partecipare”. Come? Non conta, a quanto pare.

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