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Coronavirus, Agroppi controvento: ‘Il Calcio nei guai ci si è infilato da solo. E ripartire è impensabile’

 “Quando diranno di ripartire, nessuno si fiderà. E il periodo della preparazione? Costi insostenibili, a questo hanno portato le spese folli dei presidenti”

Il calcio è in difficoltà come tante attività professionali, commerciali e industriali, ma prima dello spettacolo viene la salute. E forse, così com’è strutturato, non può durare molto. Si può sintetizzare così il pensiero di Aldo Agroppi, calciatore e allenatore, da sempre critico verso il mondo del calcio nostrano.

Sono due gli aspetti che proprio non vanno giù all’ex mister di AscoliFiorentinaPerugia e Pisa: il ritorno in campo e le richieste di aiuto al Governo delle società.

La situazione attuale farebbe ridere se non fosse terribile. Da una parte le società che premono per tornare ad allenarsi e poi riprendere il campionato, dall’altra il reale stato delle cose, cioè non si gioca più – dice Agroppi – Come si fa a pensare di poter tornare in campo? Il giorno in cui diranno che si torna a fare allenamenti e poi si va a giocare negli stadi, nessuno si fiderà ad uscire, giocatori compresi dopo che alcuni di loro si sono ammalati. È impensabile, poi, rimettere insieme le squadre in poco tempo, facendo rientrare i calciatori che sono andati via, che sono tornati nei loro Paesi, riunirli e fare una preparazione di almeno venti, venticinque giorni”.

La difficoltà di riprendere i campionati, inoltre, porta alla seconda questione, cioè quella delle difficoltà economiche delle società. Ormai ci troviamo di fronte ad interessi economici altissimi che hanno trasformato in semplici affari quello che era un gioco – prosegue Agroppi – Partite su partite, vendute in tv, sponsor e spese folli. Basti pensare che ci sono presidenti che pagano tantissimo degli allenatori che non valgono quelle cifre; quando poi sono i giocatori che fanno vincere le partite, che fanno incassi e salvano i bilanci”.

Secondo mister Agroppi, quando “le società chiedono aiuto al Governo per salvare le società, gridando ‘non ce la facciamo a pagare!’, non si rendono conto che sono proprio loro ad aver creato queste situazioni – dice ancora Agroppi -. Ci vorrebbe una gestione economica più oculata, ingaggi più bassi e una rosa meno vasta. Ci sono troppi giocatori, ma cosa te ne fai di 30 calciatori e come fai a gestirli, soprattutto? Fai una squadra per vincere la Champions, il campionato, la Coppa Italia e anche i tornei estivi, ma poi esci al primo turno. A cosa ti servono 30 calciatori? Lo spogliatoio è un ambiente particolare che non ha bisogno di affollamento. Quando ho allenato la Fiorentina e siamo arrivati in Uefa è stato l’anno più bello della mia carriera ed eravamo io e il mio secondo”.

In questo momento particolare per la nazione e gli italiani, Agroppi non si discosta molto da quanto proposto da Sandro Mazzola: i calciatori devolvano il 5% del loro stipendio per aiutare la sanità. “Ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte e deciderà personalmente – conclude Agroppi – Se poi mi chiede come affronto questo periodo assurdo le dico – rispondendo con un sorriso sornione sotto i baffi (anche se per telefono non si vede) – T… tutto il giorno, con la speranza che tutto finisca quanto prima e si possa tornare a vivere”.

 

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