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Parma, c’è una voragine da riempire

Dopo il quarto pareggio nelle ultime cinque partite, Iachini si è allontanato ulteriormente dalla zona playoff

Le lacrime di Brunetta a fine serata sono un po’ quelle di tutti i tifosi del Parma. La traversa scossa su calcio di rigore non ha solo risputato indietro il pallone che avrebbe garantito ai crociati di raddrizzare una serataccia, ma ha anche fatto crollare l’autostima, già bassa, di una squadra che non si è mai ritrovata. Che cominciava forse a credere all’operazione rimonta che a oggi pare sempre più impossibile. L’impietosa fotografia scattata dopo quasi 100’ di partita ha consegnato al campionato una squadra fragile, insicura che trema al primo soffio di vento. Neanche un combattente come Iachini è riuscito a correggere il difetto di fabbrica di un gruppo che dopo 29 partite si riscopre ‘nudo’, senza nessuna protezione a livello psicologico. Lo scudo crociato di un tempo è stato deposto tanto che in questi due anni, da quando Krause ha comprato il Parma, sono state più le battaglie perse in malo modo che quelle solamente combattute.

E non può essere sempre colpa degli allenatori. Ne sono transitati quattro in diciotto mesi a Parma, ma nessuno ha trovato il filo che accompagnasse la squadra fuori dal labirinto nella quale si è infilata nel settembre 2020. Se si guarda la media punti, in questo senso il più redditizio è stato Enzo Maresca, che in 13 gare ha messo in tasca 17 punti. Iachini ha fatto meno: in 16 gare solo 18 punti, troppo pochi per sognare la rimonta che al suo arrivo, a novembre, tutti – per primi i dirigenti – avevano auspicato dichiarando in pubblico la meta.

Una promozione diretta che si è sbriciolata gara dopo gara. Proclami che non hanno mai retto le aspettative, che non si sono mai trasformati in tentativi di raggiungere quello che si puntava. Non è servito neanche cambiare i programmi a partita in corso: affidarsi a un altro allenatore non ha pagato, ancora meno ha pagato lo stravolgimento di una filosofia riposta in cantina troppo presto. Il tentativo di voler puntare sui giovani è stato sostituito dal bisogno di porre fine a un’agonia sportiva cominciata con la retrocessione e l’ultimo posto in classifica e ancora con il trend negativo di quest’anno.

L’inesperienza della classe dirigente alle volte si è trasformata in presunzione, ed è andata a cozzare con la dura realtà di una Serie B probabilmente sottovalutata da molti e conosciuta a fondo da pochi. Adesso al Parma resta solo l’aritmetica. Il 14esimo pari in 29 partite, il quarto nelle ultime 5, ha creato una voragine tra i crociati e l’obiettivo minimo (visto che quello massimo è fallito molto prima), quasi cestinato a marzo. A Iachini resta ancora la possibilità di aggrapparsi ai numeri sciorinati in ogni conferenza stampa: dei 19 tiri menzionati nel post Cittadella solo 5 in realtà sono finiti nello specchio. Il primo al minuto 70 di una gara che ha visto i veneti più organizzati mentre il Parma più nervoso. Il suo uomo migliore, Franco Vazquez, ha perso 22 palloni, quasi un record. E quando el mudo non parla, la squadra fatica terribilmente a rendersi pericoloso. Manca una vera alternativa al numero dieci, gli infortuni hanno minato certezze che a questa squadra nessuno ha saputo dare. Neanche Iachini che cerca di rimanere a una realtà che dipinge sempre più lontano rispetto a quella che si palesa davanti agli occhi di tutti. Fischi a parte, per ora il Parma è un fiasco. 

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