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Liverani e il feeling mai sbocciato con la piazza

Non mancano le attenuanti ma i numeri condannano l’ex allenatore del Parma che lascia la squadra al terzultimo posto e con il peggior attacco

Quella di Bergamo è stata l’ultima tappa, peraltro già annunciata, di un matrimonio fugace mai decollato del tutto. 132 giorni e diciotto partite per l’esattezza, comprese le due di Coppa Italia: tanto è durata la breve esperienza sulla panchina del Parma di Fabio Liverani, che non è riuscito a entrare in empatia con l’ambiente. Sarebbe facile e, allo stesso modo, ingiusto addossargli tutte le colpe senza non considerare le diverse attenuanti incontrate lungo un cammino irto di insidie e ostacoli. Il mancato ritiro, i tanti infortuni, i problemi legati al Covid, i tanti giovani nuovi acquisti da inserire all’interno di una rosa che, probabilmente, mal si adattava alla sua idea di calcio non gli hanno mai permesso di trovare quella continuità di lavoro sul campo che nel medio-lungo periodo avrebbe potuto dare i suoi frutti. Così come le due vittorie sfumate in extremis a San Siro in casa di Inter e Milan, unici lampi nel buio che, però, sarebbero bastate per cambiare volto alla classifica e fornire quella buona dose di morale e autostima. Ora sotto i tacchi dopo le quattro sconfitte consecutive, condite da un solo gol fatto e ben dodici subìti.

BUONI PROPOSITI MA… Arrivato con la fama del “giochista” saluta dopo quattro mesi e mezzo portandosi dietro la palma poco invidiabile di peggior attacco della serie A con appena tredici centri all’attivo (mai il Parma, a secco al Tardini dallo scorso 25 ottobre, aveva fatto peggio alla sedicesima giornata) e la sensazione di un cambio persino tardivo se si ripensa alle ultime deludenti prestazioni prive di carattere, identità e qualità. I tifosi da tempo ne chiedevano la testa, il ds Carli, che lo aveva scelto personalmente in estate, lo ha difeso finchè ha potuto anche all’indomani del ko di Crotone spedendo la squadra in ritiro durante la sosta natalizia alla ricerca di compattezza e serenità. Missione fallita perchè nel nuovo anno sono arrivate due eloquenti 3-0, il primo dei quali in casa nello scontro diretto col Torino che inchioda, allo stato attuale, i crociati al terzultimo posto e, se finisse oggi il campionato, alla retrocessione in serie B.

NIENTE AMALGAMA. L’assenza di un vero e proprio trequartista in organico per il suo 4-3-1-2 da cui si è presto discostato, lo scarso feeling con i “senatori”, alcuni irriconoscibili in questo primo scorcio di stagione, le difficoltà dei nuovi, forse non ancora pronti per il campionato italiano tranne Osorio (unica nota lieta della campagna acquisti) hanno aggravato rapidamente la crisi, che Liverani aveva cercato invano di evitare cambiando più volte il modulo prima di virare definitivamente sul 4-3-3 di daversiana memoria. Il “no more 3-5-2” post Roma, un’idea nata dall’allenatore ma annunciata via Twitter da Krause ha rappresentato il primo momento di svolta e preceduto le tre settimane più felici della sua gestione, condite da cinque risultati utili di fila (due successi e tre pari tra campionato e Coppa) a cui ha fatto seguito il successivo crollo (pesante lo 0-4 casalingo con la Juve) già prima di Natale.

BILANCIO. In campionato due vittorie, sei pareggi e ben otto sconfitte, la metà delle gare giocate, testimoniano il fallimento del progetto Liverani, al quale, nonostante la buona volontà nel tentare di adottare soluzioni alternative e nel saper tornare sui propri passi, è mancato sempre un pizzico di sana autocritica in pubblico che lo avrebbe, in parte, salvato agli occhi dei tifosi. Ben contenti, anche chi non lo ha mai amato, di riabbracciare D’Aversa e non troppo teneri, per usare un eufemismo, nei confronti dell’ex tecnico del Lecce. Profeta del bel calcio sì, ma non a Parma.

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