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Liverani e il suo calcio: i consigli di mamma Halima e i primi passi di Speedy

In queste ore starà lavorando per risolvere il contratto con il Lecce, prima di sbarcare nel suo nuovo mondo

Rimanere umili e cercare traguardi, come insegnava mamma, è il calice a cui abbeverarsi nella vita”. Parole di Fabio Liverani, uno che ha cominciato a fare l’allenatore ancora prima che smettesse di giocare. Se chiedeste conto a Davide Ballardini, con il quale Liverani ha lavorato a Palermo, vi sentireste rispondere che “Fabio era già allenatore quando giocava. Nel suo ruolo – quello di regista – è stato uno dei migliori che ho allenato”.  Lo chiamavano Speedy, a Palermo: un modo come un altro per sollecitarne la rapidità, mai stata una dote spiccata. Andava lento, ma pensava velocissimo. E questo suo pensiero lo ha portato anche a diventare uno degli allenatori più ambiti.

Liverani nella vita ha dovuto guadagnarsi tutto: il mondo del calcio lo ha riconosciuto negli ultimi due anni come tecnico di livello, un tipo carismatico che nello spogliatoio si fa sentire e che non guarda in faccia a nessuno nel momento delle scelte. La sua peculiarità è quella di voler vincere attraverso un calcio ‘diverso’, meno verticale, più orizzontale, fatto di possesso palla. Chi ci ha lavorato lo descrive come un martello. E’ uno che ama il rischio – tende sempre a costruire dal basso – sia nel calcio che nella vita: per questo non trema davanti alla nuova sfida che si chiama Parma. Domani firmerà – salvo complicanze legate al contratto con il Lecce – un biennale con opzione per il terzo anno che sancisce l’inizio del nuovo corso con il Parma. Guadagnerà circa 500 mila euro a stagione più bonus: dopo la retrocessione con il Lecce, Liverani cera nuove sfide e Parma può sicuramente rappresentare un buon volano.

Figlio di Halima, somala di Mogadiscio e profuga di guerra, è nato a Roma nel  quartiere popolare di Torpignattara nel 1976. La famiglia della madre ha lasciato la Somalia a seguito del colpo di Stato militare che rovesciò la Repubblica per portare al potere il generale Siad Barre. Il nonno era un ministro del governo somalo. La madre – in cerca di un futuro migliore – è scappata giovanissima, ha raggiunto Roma dove poi ha conosciuto il  futuro marito e padre di Liverani, Ezio, che Fabio ha perso nel 1991 quando aveva 15 anni. Il legame con i fratelli maggiori, Cristiano e Renato, è profondissimo. Romano e romanista, la sua fede giallorossa gli ha causato anche qualche problema al suo arrivo a Formello: Nesta gli ha evitato il contatto con un tifoso laziale, da lì è nata la straordinaria amicizia che lega il futuro tecnico del Parma con il capitano storico della Lazio. Con il quale spesso condivide telefonate e cene, per parlare di calcio. La sua vita, come ha spesso detto: ha cominciato a giocarci in strada, come tutti i bambini, fino a trasformare la sua passione in lavoro. Deve molto a Lanfranco Barbanti, allenatore con grandi conoscenze che lo porta alla Lodigiani. Piace a Giorgio Perinetti che frequenta spesso la Borghesiana e di Barbanti è un amico.

Perinetti va a Napoli e fa acquistare il ragazzo per la Primavera. Manca l’accordo per il contratto professionistico, Barbanti lo chiama a Cagliari e Cellino gli offre un triennale al minimo. Un certo Giovanni Trapattoni crede in lui, che lo inserisce nel giro della prima squadra e lo porta alcune volte in panchina. Gli preannuncia che lo farà debuttare a Roma all’ Olimpico contro la Lazio ma quella settimana gli arriva fra capo e collo una squalifica con la Primavera. Potrebbe ugualmente giocare se questa andasse in campo il sabato, ma fatalità vuole che la partita del Cagliari viene programmata la domenica, quindi deve restare obbligatoriamente fermo. Instancabile lavoratore, in comune con Roberto D’Aversa ha la doppia promozione dalla Lega Pro alla Serie A, la grinta, il carattere e il saper tirare fuori il meglio da ogni giocatore. Gli piace il paddle, ultimamente si diletta nei campi da tennis: vuole vincere anche lì.

Basta guardare la sua esagitazione in panchina per capire che è un allenatore che non ci sta a perdere mai. Concetto banale, che spiega la sua visione del calcio. Un centrocampista fine come lui ha maturato negli anni da calciatore prima e da allenatore poi, un’intelligenza tattica spiccata, che gli permette di non rimanere ancorato a un modulo di riferimento. Può cambiare il suo modo di interpretare le partite. Tipo pratico, lontano dalle scaramanzie o da riti pre-partita, ama instaurare subito un rapporto franco con i suoi giocatori. A lui piace insegnare il calcio, precisando di non poter lavorare sull’errore tecnico per limarlo. A Lecce, nel suo staff erano presenti Cesare Bovo, che da Parma è passato, al pari di Manuel Coppola. Il preparatore atletico è Maurizio Cantarelli, 38enne di La Spezia che ha seguito Liverani anche al Leyton Orient. Federico Fabellini è il tattico. In queste ore starà lavorando per risolvere il contratto con il Lecce, prima di sbarcare nel suo nuovo mondo.

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