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Disciplina, carattere, umiltà: la ri-partenza di D’Aversa

Mancanza di concentrazione e cattiveria alla base della sconfitta contro l’Atalanta, avversario più forte del Parma mai in partita. Al tecnico non è piaciuto l’approccio

Durante un percorso a tappe come il campionato lungo 38 partite, capita di avere un incidente di percorso. Il Parma lunedì è uscito fuori strada, travolto dalla furia dell’Atalanta che impietosa si è scagliata come un uragano sulla squadra di D’Aversa, appesantendo la settimana e allungandola. E’ il tempo dell’anima, si intenda, quello che sembra non passare mai quando si perde.

Il Parma ha perso, ma già da lunedì prima del giorno di riposo programmato e la ripresa degli allenamenti, ha cercato di sterzare per rimettersi in carreggiata. Il post partita è stato sicuramente più vivo della partita disputata dal Parma, con Roberto D’Aversa che prima si è cosparso il capo di cenere davanti ai microfoni e alle telecamere, mettendosi davanti a tutto e tutti, poi ha parlato alla squadra sottolineando due concetti fondamentali del suo credo:  disciplina e applicazione.

Il tutto in nome della determinazione, che spesso è sinonimo di concentrazione, quella che pare mancasse a Bergamo, al di là della forza dell’avversario. Avversario aiutato a diventare più forte grazie anche alla mancanza di ‘cattiveria’ agonistica. Che ha contraddistinto tutta la squadra, e che si è intravista maggiormente in gente come Mattia Sprocati – uno dei tanti – che il tecnico ha sostituito dopo appena 45’ dando spazio a Roberto Inglese che mancava dalla gara del 20 ottobre, quella che gli è costata – oltre alla caviglia – le certezze di cui aveva bisogno e che lentamente si impegnava a ritrovare.

Tra i più pizzicati dal tecnico pare ci fosse anche Dejan Kulusevski, giocatore apparso un po’ leggerino rispetto alle altre volte. Nonostante i suoi 13 chilometri (ha corso più di tutti, avversari compresi, ma ha corso male, evidentemente), a Bergamo ha pagato più di tutti il mancato sostegno della squadra, oltre che l’assenza di un giocatore che aprisse per lui gli spazi nei quali partire. E se tutti hanno sbagliato, la sua latitanza è parsa più evidente perché più evidenti e maggiori rispetto alla media sono i mezzi tecnici di cui dispone. E anche quando sembrava potesse indovinare la giocata veniva sormontato dagli avversari. Il prestigiatore non ha incantato, è sembrato essere un giocatore normale tra giocatori sazi. Ci ha provato un paio di volte, ma niente, l’Atalanta si è dimostrata impietosa anche nei suoi confronti. E dopo averlo allevato, lo ha ‘abbandonato’ al suo destino, lontano da Bergamo e – purtroppo – lontano anche da Parma.

D’Aversa, il primo a notare alcune doti, è stato anche il primo a notarne la flessione. E sia dopo la partita che alla ripresa mercoledì a Collecchio, ha cercato di spronarlo, rincuorandolo e ricordando, a lui e a tutta la squadra, che un inciampo del genere non deve succedere più. La speranza di tutti è che da queste cadute magari si impari qualcosa, alle volte servono più le sconfitte che le vittorie. Confidando in Boskov, quando diceva senza neanche scherzare troppo: “Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0”.   

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