Passiamo in rassegna gli ultimi dieci anni del Parma con dodici giocatori simbolo di questo cambiamento epocale. Che balzo nelle ultime quattro stagioni
Dieci anni, centinaia di partite, via vai immenso di giocatori, maglie, vicissitudini, gioie e dolori. Il Parma ha cambiato tutto: vertici societari, casacche, dirigenti, allenatori. Ha scalato tutte le categorie, complice un fallimento che ha gettato nell’ombra i crociati salvo poi riproporsi con il vigore dei successi, nel calcio che conta. Merito della nuova proprietà, la stessa che ha rilevato il Parma nei bassifondi del dilettantismo, capace di portarlo in pochissimo tempo laddove mai nessuno – nella storia del calcio italiano – era stato in grado di portare una squadra. Segnando un solco profondo nelle ultime stagioni, tale da lasciare una scia che viene presa un po’ come il punto di riferimento da tutti coloro che si buttano nel mondo del pallone.
L’ultima partita di un decennio complesso, emozionante, ricco di situazioni e di passione, è stato segnato dall’1-1 contro il Brescia, una squadra rivale per la permanenza in Serie A, obiettivo designato di un Parma che non ha nessuna voglia di forzare il suo processo di crescita. Il gol di Alberto Grassi al 92’ è stato l’ultimo atto – l’ultimo punto – di un decennio importante, dove il calcio, assieme al Parma, è parecchio cambiato negli interpreti, nei valori, negli obiettivi, nelle finanze.
E inevitabilmente anche nei giocatori: da Pavarini a Sepe, passando per Castellini e Karamoh, da Lanzafame a Inglese, da Pisanu a Cornelius e da Russo (terzo portiere dell’era Ghirardi) fino al pluri titolato Bruno Alves, amico di CR7, portoghese di mondo capace di vincere ovunque. Da Fontanello – rimasto avvolto nel mistero – a Gianni Munari, un’altra pietra miliare del nuovo corso. Che dieci anni fa giocava a Lecce e che ha da poco concluso la sua carriera sposando la causa Parma, schierandosi al fianco di Faggiano, ds dei miracoli.