La carriera di Gigi Buffon è stata segnata da importantissimi trionfi ma anche da momenti difficili che l’ex portiere del Parma ha raccontato anche attraverso le pagine del Corriere della Sera: “Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down. Mi si spalancò davanti il vuoto della depressione. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio. In campo sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Rifiutai i farmaci; dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio. Fu allora che scoprii la pittura. Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida. Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola. Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri. Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla“.
Buffon: “Ho pagato tutti i miei errori”
“La mia vita è stata davvero così: cadere, rialzarsi. Ho fatto errori, come tutti, e non li ho mai nascosti. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori per non essermi diplomato. Il diploma falso è stata un’ingenuità incredibile che ho pagato – ha detto –. Come la penso politicamente? Sono un anarchico conservatore. Carrara, la mia città, è terra di anarchici. Credo profondamente nella libertà e ho pagato un prezzo per questo. Di sicuro non sono fascista, tanto meno razzista. Ho chiamato il mio primogenito Louis Thomas, che ora gioca attaccante nelle giovanili del Pisa, in onore dell’eroe della mia infanzia: Thomas N’Kono. Sono stato l’unico europeo ad andare in Camerun per il suo addio al calcio: un ricordo stupendo. La scritta ‘boia chi molla’ e il numero 88? Non avevo la minima idea che per qualcuno evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle“.