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Pecchia, è una squadra che non gira: dentro la crisi del Parma

Mancanza di identità, squadra giovane e risultati altalenanti. Un mix che condanna anche il tecnico. Ma la classifica resta il punto da cui ripartire

Il Parma di Fabio Pecchia non gira e continua a rimanere un enigma irrisolto. Contro l’Ascoli si è rivista in campo una squadra che non ha vinto ne ha convinto. E che è ancora a caccia di un’identità definita, sebbene il campionato abbia fatto gran parte del suo corso e all’appello manchino 13 partite. Il tempo per correggere il tiro, volendo, ci sarebbe pure: la classifica corta resta la nota più positiva di quello che comincia a sembrare un altro disastro generale. Il tempo per evitare che tutta la situazione precipiti c’è, a patto che tecnico e squadra riescano a fare quadrato confluendo le energie verso un’unica direzione. Il Parma di oggi è in crisi di risultati e di gioco, manca di personalità, attacca ma non segna e alla fine subisce. La quinta sconfitta in casa, la nona in campionato, è figlia di una prova senza nerbo offerta da una squadra alla quale – tolti Buffon e Vazquez – sembra manchino i riferimenti. 

Il processo di crescita, uno degli obiettivi definiti dal club, ha fatto registrare passi indietro notevoli e la squadra che l’anno scorso è arrivata dodicesima in campionato, quest’anno dopo 25 giornate è decima con 34 punti. La mancanza di un’identità forte, mista alle problematiche tipiche di un gruppo giovane e di diverse nazionalità (tredici in tutto), allunga la lista delle difficoltà e alimenta i dubbi sulla bontà di questa filosofia dettata dall’alto. E neanche Fabio Pecchia, allenatore che ha già vinto due campionati di Serie B in carriera con Hellas Verona Cremonese, è ancora riuscito a trovare una contromisura a questa altalena di risultati che allontana il suo Parma dalle zone nobili della classifica. Nelle ultime sei il Parma ne ha vinte solamente due, senza dare mai l’impressione di essere guarito totalmente dal fastidio che l’affligge: la discontinuità, dovuta probabilmente a un gruppo di lavoro giovane e inesperto. Nelle ultime sei partite la squadra è andata in svantaggio ben quattro volte riuscendo a raddrizzare solamente in un’occasione la situazione: nel pari di Terni. Tre volte su quattro ha subito un gol tra il 4′ e il 5′ minuto, segno di una scarsa concentrazione e di un approccio morbido, come quello che ha caratterizzato anche l’inizio di secondo tempo con l’Ascoli. Oltre a limiti caratteriali, la squadra ha palesato anche evidenti difficoltà tecniche. Non aiutano i repentini cambi di ruolo dei calciatori, chiamati dall’allenatore a giocare nella stessa partita in più posizioni (Vazquez: comincia mezzala, fa il falso nueve prima di tornare a centrocampo), o chiamati dallo stesso a eseguire compiti che non sono nelle loro corde (Zagaritis ala e Sohm che ha giocato praticamente in tutte le parti del campo) non fortificano le convinzioni della squadra. Probabilmente questo gruppo è stato sopravvalutato in fase di progettazione anche da Pecchia, che conosce bene la materia ma sembra essersene dimenticato visto che ha detto no all’arrivo di un attaccante in sede di mercato. Momentaneamente il Parma è fuori dai playoff, ma con 13 gare ancora da giocare tutto è ancora tutto aperto. La classifica dice che il Parma ha 34 punti: decimo posto, -1 dall’ottava e con tre squadre a 35 davanti. Le prime due posizioni, che garantiscono l’accesso diretto alla Serie A, sembrano lontane anni luce soprattutto per la proposta di gioco offerta di domenica in domenica, ma rimanere agganciato al treno delle big è una necessità per un club che ha sogni di gloria e mira a diventare punto di riferimento nel mondo.

 

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