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Scelte e tempi sbagliati: dietro la retrocessione del Parma

Krause macchia il suo primo anno con una retrocessione: gli errori del presidente, quelli degli allenatori e dei calciatori

Tristezza e rabbia dominano. L’universo del Parma è stato capovolto, nemmeno un sussulto d’orgoglio per opporsi a un destino scritto, tra le pieghe di un copione amaro, inadatto al palcoscenico. A Torino si è consumato l’ultimo atto di un finale sportivo psico-drammatico, segnato dall’assenza della ‘vecchia guardia’ in un metaforico passaggio di consegne. I soci parmigiani per la prima volta non erano presenti allo stadio. Quasi a non voler vedere la loro fenice, risalita dalle ceneri di un fallimento, abbassare le ali e precipitare in Serie B.

Un crollo annunciato, cercato, quasi voluto, certamente meritato che si traduce nei numeri nefasti di un’annata terribile. Più di settanta infortuni, 71 gol incassati, 11 rimonte subite, 27 punti persi da situazione di vantaggio, 20 punti in classifica a 4 giornate dal termine, 3 vittorie, 20 sconfitte, 38 calciatori utilizzati, 6 capitani, due allenatori e 73 milioni spesi per due finestre di mercato, risultate essere una peggiore dell’altra. In mezzo 14 mesi di pandemia e i buoni propositi di un presidente, Kyle Krause, atterrato da un altro mondo. Planato con buone intenzioni ma schiantatosi di fronte a una realtà terribilmente diversa da come se la immaginava. L’obiettivo del presidente americano, che ha ridato fiato alle ambizioni dei parmigiani spinti dall’entusiasmo e bravi ad andare oltre i limiti, scrivendo la storia con un’impresa che rimarrà negli annali, era quello di rimanere in Serie A per rilanciare poi il suo programma lodevole di auto sostentamento , con in agenda uno stadio da riammodernare.

Il programma andrà avanti, non è certo la Serie B che spaventa Krause, che però è chiamato da oggi a mostrare i denti. Ma non nel senso di elargire sorrisi benevoli seguiti da pacche e incoraggiamenti a bordo campo (cose da americani, quelle). Deve tirare fuori il suo animo combattivo, il pugno fermo di gestore d’azienda e imprenditore ‘narcotizzato’ dalle luci della ribalta che il calcio ti spara in faccia, salvo spegnerle sul più bello. Il presidente non è certo contento di veder diminuire il valore degli investimenti. Oltre alle buone intenzioni, c’è di più. E’ mancato un po’ il coraggio di delegare. Nel progetto di rilancio ci sono già due figure di spicco: Jaap Kalma e Javier Ribalta, scelti da Krause in persona. Il tempo delle scelte però, per il presidente americano, dovrebbe finire qui: è comprensibile e legittima la voglia di giocare al tavolo dopo aver messo i soldi,  ma questo è il tempo di delegare, di fidarsi dei suoi uomini. Cosa che non è avvenuta in questo anno, trascorso a rincorrere la volontà di mostrarsi adatto, salvo poi scoprire alle 22.39 di lunedì 3 maggio in una notte mesta, di non esserlo.

La visione krausecentrica non ha pagato, il calcio non è il baseball, i numeri non sono fatti per decifrare il mercato: un calciatore bisogna conoscerlo, non prenderlo in base ad algoritmi che spesso sono indicativi, ma non certificano il valore dello stesso. E allora meglio delegare chi ne sa di più, meglio affidare la gestione a chi è designato per farlo. Si ripartirà probabilmente da un nuovo allenatore, il progetto tecnico è fallito in toto. Servirà fare chiarezza sulla posizione di Carli e Lucarelli: anche loro riflettano sugli errori. Bisognerà ammodernare, oltre al Tardini, il parco giocatori: fondare un nuovo esercito per affrontare nuove battaglie. E sperare che i soldati, questa volta, siano disposti a condividere un progetto sin dall’inizio. Serve il fuoco sacro per riaccendere la passione, la voglia di lottare e di ripartire. Il Parma sarà pronto?

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