Calcagno: “Nessuno può obbligare i club di A a puntare sugli italiani”

Proprio oggi in conferenza stampa, Iachini si era lamentato parlando dei tanti stranieri che “Non erano quei campioni che ci si aspettava fossero e questo penalizza i giovani italiani”

“Non capisco certi regolamenti. Se una squadra va a prendere uno straniero può non mettere sul piatto le fideiussioni, al contrario di quel che accade se prende un italiano”. Secondo Beppe Iachini questo è uno dei problemi del calcio italiano. Si capisce bene il perché nelle parole dell’allenatore del Parma che, nella conferenza stampa di vigilia della gara con il Cosenza, si lascia andare a una disamina sul momento complicato che vive il calcio, acuito dall’eliminazione dell’Italia da Qatar2022. “Chiaro che una società si sposta all’estero. Negli anni passati è capitato di vedere transitare stranieri che non erano quei campioni che ci si aspettava fossero, penalizzando così i giovani italiani. Poi magari negli anni ci si lamenta, ma ciò che raccogliamo è un processo che parte da circa 20 anni fa.

A Radio Punto Nuovo, nel corso di Punto Nuovo Sport Show, gli ha risposto Umberto Calcagno, vicepresidente Figc e presidente AIC: “Pochi italiani in Serie A? Sapete quante considerazioni sono state già fatte. Nessuno può obbligare le squadre ad imporre sui selezionabili. Negli ultimi due anni stiamo lavorando per eliminare la norma del Decreto Crescita che rende più conveniente investire sui calciatori che arrivano dall’estero. Si dice tanto che i nostri ragazzi sono meno pronti: non credo a queste cose. Perché le nostre squadre di Serie A non hanno dato luogo alle seconde squadre, perché lo ha fatto solo la Juventus, facendo giocare in un campionato professionistico i più giovani. Dobbiamo utilizzare meglio alcuni strumenti nel nostro sistema. Sono riforme di sistema che dobbiamo fare: non hanno un ritorno diretto sul problema che stiamo affrontando. L’unica situazione che vedo nelle redistribuzione delle risorse di sistema, dare più importanza ai vivai ed ai settori giovanili, nelle somme che anche in B ed in C impiegano nei propri settori giovanili si deve rivedere. Il modello della valorizzazione nelle serie inferiori deve esser rivisto. Stadi al 100%? Un buon punto di partenza, quanto fatto in pandemia ci deve far capire che possiamo e dobbiamo saper lavorare assieme”.

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